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Occasioni Mancate: Sicilia in Lancia Y, l’epilogo (10 di 10)

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Felice di averlo fatto, molto. Da ripetere? Anche no. O almeno non per qualche anno. La Sicilia è sicuramente un posto da vedere; ricco di storia, con splendidi paesaggi, buon cibo, centri storici preziosi, templi, teatri, cultura e culture che spaziano dagli antichi greci agli arabi. Ma è un posto da cui bisogna disintossicarsi. O scappare, come fanno purtroppo tanti giovani. Le contraddizioni e gli sfaceli sono tali da contaminare e prevaricare le tante meraviglie dell’isola. E così la Sicilia non è più una carezza all’anima come potrebbe essere ma un violento pugno nello stomaco, che ti resta dentro al pari della Valle dei Templi, del Teatro Greco di Taormina, delle pasticcerie, del mare e dell’Etna. Che peccato.

Al termine di alcuni strepitosi viaggi in Rajasthan, Kazakistan, Mali, Ecuador, solo per fare qualche esempio, non vedevo l’ora di tornare a casa. Lo stesso è accaduto con la Sicilia, in un lasso di tempo inferiore. Credo che ciò accada quando la realtà di un luogo non ti corrisponde. Quando dal paradiso giri l’angolo e passi direttamente alle viscere dell’inferno. Succede quando manca un’armonia di base, cose che in’India, nonostante le complessità sociali, è presente. In Sicilia vai a letto con i pensieri pieni di rimpianto. Qualcosa di ben peggiore del caos e le migliaia di persone da cui sei perennemente circondato in città come Jaisalmer e Udaipur. O del fatto che in Ecuador è meglio non uscire la sera. Oppure di trovarsi faccia a faccia con povertà, denutrizione e malattie come in Mali o sapere che in Kazakistan mezza steppa è radioattiva e la gente abita in città avvelenate da industrie e centrali. La prossimità poi non aiuta. Nel senso che i posti sopracitati sono emotivamente e geograficamente distanti, mentre la Sicilia è Italia. Poteva e doveva essere come la Toscana, le Marche, l’Umbria. Civiltà, bellezza, gusto, storia, cultura, buona amministrazione. La Puglia ha tanti problemi, ma in confronto alla Sicilia è Helsinki.

Da Taormina a Noto, il bello è confinato alla natura, al cibo, all’antico ed alle architetture dei secoli precedenti. Il nuovo è spesso indegno, funesto, sciatto, losco, indigeribile. Terreno fertile per illegalità e degrado. Ed è triste, perché i siciliani sono persone gentili, attente, affettuose, ospitali. E sono loro a pagare il prezzo più alto. Non certo il turista che della Sicilia si prende solo il meglio. Taormina, la cima dell’Etna, Ortigia, l’Oasi di Vendicari, Noto, Acireale, la Valle dei Templi, il mare luminoso, trasparente e pulito, Catania con Via dei Crociferi, il vulcano che sbuca dai viali ed il suo mercato del pesce, Acitrezza, Sciacca, il Cretto di Burri, Modica, Ragusa Ibla, le Eolie, e la lista potrebbe continuare per parecchio, sono posti straordinari e imperdibili. E per questo motivo la Sicilia, come scritto nel primo post di questo viaggio, è la Notte Stellata di Van Gogh con uno squarcio.

Note di chiusura anche per la compagna di viaggio, la Lancia Y, l’unico modello che la Lancia continuerà a produrre. La Y, soprattutto con il motore 1.2 a benzina è lenta e consuma troppo. Ha dalla sua il comfort ma ben poco di emozionante e innovativo. Inoltre compete con una selva di city-car come Fiat Panda e 500, Suzuki Swift, Nissan Micra, Toyota Yaris, Hyundai i10, Volkswagen Fox, tutte provate in prima persona, ed auto che per un motivo o per l’altro sono più divertenti, meglio rifinite, più economiche e solide, più veloci, più guidabili, meglio studiate in termini di visibilità. La cosa più positiva che riesco a trovare è che dopo quasi 1000 chilometri al volante, spaziando da autostrade, percorsi pieni di curve su asfalti groviera, sentieri e città, non avevo né i lombi in fiamme ne mal di schiena ne il nervo sciatico infiammato. Ma una city-car deve avere un buono scatto ed una visibilità ottima a 360 gradi, e su questi aspetti la Lancia Y ha qualche ingente lacuna, bilanciate però dal pregio di essere ben disegnata, comunque funzionale e poco appariscente.


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